Leggo in un articolo di Manuela Marzola su Working Mothers Italy che, in base a una ricerca di Cofimp, Società di alta formazione di Unindustria Bologna, "il lavoro sta cambiando le donne: le sta rendendo sempre più simili agli uomini. Cioè, «più fredde e calcolatrici»".
L’indagine, condotta tra il 2001 e il 2009 su 1.200 persone (660 uomini e 540 donne), età media 39 anni, si basa su un test per la rilevazione dei cinque fattori che rappresentano l’ossatura della nostra «Intelligenza Emozionale»: empatia, maturità emozionale, sensibilità, cordialità ed esteriorizzazione dei sentimenti. "Per le donne viene registrato un calo sia nel livello di empatia che di sensibilità e cordialità. In dieci anni la loro sensibilità è passata da un punteggio di 7 a 1,3; la cordialità da 8,1 a -0,7. Per contro, la sensibilità degli uomini è salita (da -0,1 a 5,7) ma la cordialità è crollata (da 0,7 a -3,3)".
La mia piccola esperienza personale è perfettamente in linea con i risultati della ricerca, anche se avevo attribuito il deterioramento di quella che fino ad ora avevo definito "umanità" delle persone nel mio ambiente di lavoro soprattutto alle pressioni aziendali finalizzate alla riduzione del personale, che hanno visto come obiettivo principale le donne, soprattutto le madri con figli piccoli. E invece è una tendenza più generale, una specie di automutilazione per la carriera...
D'impulso mi viene da chiedermi se ne vale la pena....
Personalmente non potrei mai rinunciare neanche a un briciolo della mia "intelligenza emozionale": le emozioni sono il mio strumento privilegiato di conoscenza, il mio approccio al mondo... Se ripenso solo agli ultimi giorni, come potrei fare a meno delle emozioni fortissime e feconde lasciatemi dalla lettura de La solitudine delle madri, oppure della tristezza provata di fronte alla morte della lucciola Ray nel film La principessa e il rospo o, infine, alla grande commozione della fine di Million Dollar Baby?
...e infatti non ho fatto carriera.....
L’indagine, condotta tra il 2001 e il 2009 su 1.200 persone (660 uomini e 540 donne), età media 39 anni, si basa su un test per la rilevazione dei cinque fattori che rappresentano l’ossatura della nostra «Intelligenza Emozionale»: empatia, maturità emozionale, sensibilità, cordialità ed esteriorizzazione dei sentimenti. "Per le donne viene registrato un calo sia nel livello di empatia che di sensibilità e cordialità. In dieci anni la loro sensibilità è passata da un punteggio di 7 a 1,3; la cordialità da 8,1 a -0,7. Per contro, la sensibilità degli uomini è salita (da -0,1 a 5,7) ma la cordialità è crollata (da 0,7 a -3,3)".
La mia piccola esperienza personale è perfettamente in linea con i risultati della ricerca, anche se avevo attribuito il deterioramento di quella che fino ad ora avevo definito "umanità" delle persone nel mio ambiente di lavoro soprattutto alle pressioni aziendali finalizzate alla riduzione del personale, che hanno visto come obiettivo principale le donne, soprattutto le madri con figli piccoli. E invece è una tendenza più generale, una specie di automutilazione per la carriera...
D'impulso mi viene da chiedermi se ne vale la pena....
Personalmente non potrei mai rinunciare neanche a un briciolo della mia "intelligenza emozionale": le emozioni sono il mio strumento privilegiato di conoscenza, il mio approccio al mondo... Se ripenso solo agli ultimi giorni, come potrei fare a meno delle emozioni fortissime e feconde lasciatemi dalla lettura de La solitudine delle madri, oppure della tristezza provata di fronte alla morte della lucciola Ray nel film La principessa e il rospo o, infine, alla grande commozione della fine di Million Dollar Baby?
...e infatti non ho fatto carriera.....
5 commenti:
idem.. non solo per l'ultima affermazione, compresa la lucciola Ray, visto però come brillava dopo? ;))
Ad ogni passaggio d'azienda sempre meno mi ritrova allineata con la spietatezza e crudeltà di certe donne e sì che ormai avrei dovuto capire come funziona il mondo...
A presto, Minu
Noi esseri umani siamo un pò come i gabbiani, e come loro, a volte voliamo alto sino a raggiungere altezze impensate.
Ci libriamo in questo mare che è la vita osservandola dall'alto, spesso ci piace rimanere in quota perchè un istinto misterioso, ci dice che quello, è il luogo per noi.
Ma il volo è breve.
E come i gabbiani, ci adattiamo a vivere a quote basse, rimandiamo sempre più in là il tornare volare, per aggiudicarci un pezzo di cibo che molte volte, è avariato.
E così lasciamo dietro di noi, pezzi di amicizia, di affetti, di amore.
Forse dovremmo riscoprire il tanto disprezzato "Villaggio Tribale," a danno di quello "Globale."
Perchè se abbiamo guadagnato in benessere e conoscenza, l'Uomo, stà perderndo la propria umanità.
Consolati, se il prezzo che hai pagato alla mancata carriera, è un ritorno a te stessa, è stato un buon prezzo.
Ho preso visione dei tuoi auguri, e te ne ringrazio.
A presto.
@minu: che bello rileggerti, scopriamo sempre più affinità. Però, però..... non riesco proprio ad entusiasmarmi per la fine di Ray, la storia della "ricompensa nel regno dei cieli" e le "ideologie consolatorie" non mi hanno mai convinto molto :-)
@monteamaro: mi piacciono la metafora del gabbiano e il termine "villaggio Tribale".
Così come mi piace l'immagine dell'uomo che sussurra ai fiori che ho trovato oggi su Vivere con lentezza per suggerire l'atteggiamento da avere verso chi amiamo:
http://www.vivereconlentezza.it/node/1857
E se invece pensassi che l'hai fatta carriera?
Sei riuscita a preservare la tua capacità di emozionarti restando dentro un sistema che ti spinge a mollare il cuore e quello a cui serve.
Resisti, imperterrita, pagando il prezzo di un non riconoscimento di potere, soldi, ruolo e privilegi, ma rendi questo mondo migliore e più vivo, fai brillare la tua luce di umanità, ovunque e comunque.
Ti pare poco?
Loro poverine, le donne di cui parli, non ce la fanno e si spengono ogni giorno un po' di più.
Resisti anche per loro. E per noi.
Caterina di Storieperfarelecose
@Caterina: bella la tua reinterpretazione della carriera!
Tra l'altro il tuo commento arriva tempestivo per darmi coraggio, dopo una lunga giornata di frustrazioni lavorative: grazie! Sto scoprendo la funzione terapeutica del blog :-)
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