domenica 10 maggio 2009

Dis...pari opportunità

C'era una volta un'azienda multinazionale, di quelle che sbandierano sensibilità etica e sociale e per dimostrarlo adottano monumenti degradati e devolvono parte (esigua) dei loro profitti (ingenti) per le cure di poveri bambini del terzo mondo.
Da anni in questa azienda, per contratto, era consentito richiedere, per documentati motivi personali e familiari, di trasformare il proprio orario di lavoro da tempo pieno a part time, secondo regole ben precise. Inutile dire che ad usufruire di questa possibilità sono state sempre e solo donne, anzi per la precisione madri, con un'unica eccezione. Superfluo trovare le motivazioni: la necessità di conciliare i propri doveri di mamma (in una società che scarseggia di servizi sociali pubblici) con l'esigenza di dover lavorare. Altrettanto inutile aggiungere che questa scelta ha sempre pesantemente penalizzato, dal punto di vista economico, della carriera e in parte anche per quanto riguarda i rapporti con i colleghi, chi l'ha abbracciata.
Fin qui la storia.

Poi arriva un periodo di crisi, anzi la crisi più grande nella storia del settore e dell'azienda.
Tra le prime misure che l'azienda prende per fronteggiare il momento di difficoltà c'è la sospensione del rinnovo dei part time, anche in quei settori dove, poco tempo dopo, dichiarerà di avere personale in esubero (la motivazione: per senso di giustizia, per non fare differenziazioni tra le persone...).

Passano i mesi, le lavoratrici a part time rientrano tutte a tempo pieno, l'azienda convoca le rappresentanze sindacali per comunicare che si stupisce che nessuna delle lavoratrici precedentemente a part time abbia scelto di andarsene usufruendo dell'accordo che incentiva le fuoriuscite per ridurre il personale....


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Sull'argomento:
Claudia Bella, Crisi: i pericoli maggiori per le donne

1 commento:

Minu ha detto...

che menti questi dirigenti, pensano sempre di potere comprare la gente con incentivo all'esodo. Tieni duro, tenete duro...