lunedì 29 marzo 2010

Voglia di mare

Scherzi della mente, forse per la stanchezza, forse per lo sfasamento da ora legale, forse perché c'è la luna piena: mentre faccio diverse cose al computer e in giro per casa, seguo su Repubblica.it i risultati in tempo reale delle elezioni regionali, i numeri delle percentuali vanno su e giù, su e giù (attualmente più giù che su...) e all'improvviso mi è venuta una sensazione di nausea, quasi un mal di mare, e ho provato un desiderio struggente di mare, sole, spiaggia, vacanze...

domenica 28 marzo 2010

La poesia di una domenica elettorale

Preghiera delle mamme 
che hanno involontariamente mancato
nei confronti dei propri figli


le poesie possono aspettare
non possono aspettare le persone care

Oh lasciati figlio
al mille per mille di interesse
per ognuno di questi anni risarcire
per quando avevi un anno
per quando avevi due tre sette anni
per gli anni della nostra assenza
per quando avevi un anno
per quando avevi due tre sette anni
per gli anni della nostra assenza
per quando ci chiamavi e non c'eravamo
o c'eravamo ma eravamo perse a noi stesse
o c'eravamo ma non vedevamo
perché stavamo male
perché stavo male stavo male
figlia dolce mia.

Vivian Lamarque

mercoledì 24 marzo 2010

Fiori

La primavera è la stagione dei fiori (e dell'amore)!

Wendy Cope
Flowers


Some men never think of it.
You did. You'd come along
And say you'd nearly brought me flowers
But something had gone wrong.

The shop was closed. Or you had doubts -
The sort that minds like ours
Dream up incessantly. You thought
I might not want your flowers.

It made me smile and hug you then.
Now I can only smile.
But, look, the flowers you nearly brought
Have lasted all this while.


Fiori

Certi uomini non ci pensano mai.
Tu sì. Ti presentavi alla porta
dicendo che mi avevi quasi portato dei fiori
ma qualcosa era andata storta.

Il fiorista era chiuso. O un dubbio ti assaliva –
di quelli che sorgono all’infinito
a tipi come noi. Forse, pensavi,
io i tuoi fiori non avrei gradito.

Sorridendo allora ti avevo abbracciato.
Solo il sorriso mi resta ora.
Ma guarda, i fiori che avevi quasi portato
durano tuttora

(nota: ho trovato la traduzione in rete, ma non era citato il traduttore. Chiedo a Maria Paola Bartocci se è opera sua, ma se qualcuno nel frattempo lo identifica, me lo faccia sapere che aggiungo il nome, grazie!
Edit: Maria Paola Bartocci NON è la traduttrice di Fiori: continua la caccia al traduttore!)

martedì 23 marzo 2010

Giochino (forse) poco serio: "Se potessi tornare a vivere..."

La pubblicazione del post con la poesia di Borges "Se potessi vivere di nuovo la mia vita" ha scatenato inaspettate reazioni in alcuni affezionati lettori del blog, che ormai sento amici e compagni di strada (anzi di "rete").

Ha iniziato Monteamaro, commentando con una bellissima variazione della poesia di Borges:

Se potessi tornare a vivere...
farei che ogni giorno
fosse più lungo
che il mio fiato sul vetro di casa
rimanesse disegno
e la patata sotto la cenere
al camino
con la buccia bruciata
Se potessi tornare a vivere...
starei seduto la domenica
in chiesa
vicino alla ragazza che
somigliava a Ester della Bibbia
e mi innamorerei ancora
Se potessi tornare a vivere...
non mi porterebbero via la mia gazza
avrei di nuovo sulla fronte
premuto
lo stimma del papavero selvatico
e berrei l'acqua dal rigagnolo
Se potessi tornare a vivere...
mi fermerei
seduto a notte
sul colle oltre la chiesa
e giù giù dalle coste
vedrei i fuochi delle stoppie
e ne gusterei il fumo
Se potessi tornare a vivere...
potrei sognare ancora
di diventare grande
di nuotare amare fumare
e di avere più tempo
da stare
con mio fratello


Ha proseguito Caterina Comi, che nei suoi commenti ha unito la concretezza femminile alla sua seconda pelle di psicologa. 
A questo punto è venuta anche a me la voglia di dire qualcosa à la Borges, e, allora perché non farlo diventare un vero e proprio giochino?
Forza, allora: che cosa vorreste fare se poteste tornare a vivere una nuova vita?
  
Per quanto mi riguarda, se potessi tornare a vivere, vorrei non essere prigioniera di inutili paure e sciocche vergogne, vorrei cantare e ballare di più e dire "ti amo" tutte le volte che non l'ho detto, vorrei imparare il nome delle stelle e circondarmi di fiori.

domenica 21 marzo 2010

Inizia la primavera e vorrei andare scalza

Se potessi vivere di nuovo la mia vita

Se potessi vivere di nuovo la mia vita.
Nella prossima cercherei di commettere più errori.
Non cercherei di essere così perfetto, mi rilasserei di più.
Sarei più sciocco di quanto non lo sia già stato,
di fatto prenderei ben poche cose sul serio.
Sarei meno igienico.

Correrei più rischi,
farei più viaggi,
contemplerei più tramonti,
salirei più montagne,
nuoterei in più fiumi.

Andrei in più luoghi dove mai sono stato,
mangerei più gelati e meno fave,
avrei più problemi reali, e meno problemi immaginari.

Io fui uno di quelli che vissero ogni minuto
della loro vita sensati e con profitto;
certo che mi sono preso qualche momento di allegria.

Ma se potessi tornare indietro, cercherei
di avere soltanto momenti buoni.
Chè, se non lo sapete, di questo è fatta la vita,
di momenti: non perdere l'adesso.

Io ero uno di quelli che mai
andavano da nessuna parte senza un termometro,
una borsa dell'acqua calda,
un ombrello e un paracadute;
se potessi tornare a vivere, vivrei più leggero.

Se potessi tornare a vivere
comincerei ad andare scalzo all'inizio
della primavera
e resterei scalzo fino alla fine dell'autunno.

Farei più giri in calesse,
guarderei più albe,
e giocherei con più bambini,
se mi trovassi di nuovo la vita davanti.

Ma vedete, ho 85 anni
e so che sto morendo.

Jorge Luis Borges 

Grazie a Fabio Bonifacci per avermela fatta conoscere!

La poesia della domenica di primavera

Yosano Hakiko
Doglie

Sto male oggi
male nel corpo
con gli occhi spalancati, zitta,
sono distesa sul letto del parto.

Perché io
così avvezza alla prossimità della morte
al dolore e al sangue e alle grida,
adesso convulsamente tremo di terrore?

Un dottore giovanile e gentile ha cercato di confortarmi
e mi ha parlato della gioia di dare la vita
Siccome conosco meglio di lui questa materia
Qual buon effetto può avere la sua chiacchierata?

La conoscenza non è realtà.
L'esperienza appartiene al passato.
Stiano zitti coloro cui manca un'esperienza attuale
Gli osservatori si accontentino di osservare.

Sono tutta sola,
totalmente, profondamente, interamente per conto mio,
a mordermi le labbra, irrigidire il corpo,
attendere un fato inesorabile.

C'è una verità soltanto.
Darò vita a un bambino
verità che spinge in fuori dalle mie viscere.
Né buona né cattiva; reale, non c'è finzione che tenga.
Alle prime doglie,
improvvisamente il sole impallidisce.
L'indifferente mondo diventa stranamente calmo.
Io sono sola.
Da sola io sono.

Yosano Akiko (1878-1942): nata in Giappone, studiò con il poeta Yosano Hiroshi, di cui divenne moglie, e insieme al quale fondòla "Società di Nuova Poesia".

domenica 14 marzo 2010

La poesia della domenica

Mariangela Gualtieri

 Confuso stato di tutte le armate del me
disordine di questi miei fanti interiori
e ussari e cavallerizze che dentro
mi scantonano il petto
e tu torna al centro, cuore!
mio generale kutuzov che raddrizzi
le mie file sconvolte,
che il mio inquieto inquieto
stare qui diventi
il placido di tutti i giardini.
Fai bella stagione, ora.



Sito del Teatro Valdoca

lunedì 8 marzo 2010

A tutte le donne

Alda Merini

A tutte le donne

Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l'emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d'amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra



8 MARZO




domenica 7 marzo 2010

La poesia della domenica

Patrizia Valduga



Vieni, entra e coglimi, saggiami provami...
comprimimi discioglimi tormentami...
infiammami programmami rinnovami.
Accelera... rallenta... disorientami.

Cuocimi bollimi addentami... covami.
Poi fondimi e confondimi... spaventami...
nuocimi, perdimi e trovami, giovami.
Scovami... ardimi bruciami arroventami.

Stringimi e allentami, calami e aumentami.
Domami, sgominami poi sgomentami...
dissociami divorami... comprovami.

Legami annegami e infine annientami.
Addormentami e ancora entra... riprovami.
Incoronami. Eternami. Inargentami.

sabato 6 marzo 2010

Wendy Cope - Una serie di fortunati incontri!

Primo incontro: scopro Wendy Cope e le sue poesie.
Secondo incontro: Maria Paola Bartocci, traduttrice di Wendy Cope, legge il mio post e mi scrive una e-mail. Segue un breve ma interessante scambio di e-mail, in una delle quali le propongo audacemente di raccontare qualcosa sul suo incontro (terzo e, per ora, ultimo del post, ma il primo di tutta la serie!) della storia con Wendy Cope. Paola accetta e in tempi  brevissimi mi manda questo racconto, di cui la ringrazio moltissimo e  che volentieri pubblico:

Io, Judith e Wendy

Un soggiorno a Londra, un’amica generosa e delle poesie insolite e accattivanti – unite i tre elementi e saprete come è nata la mia “relazione” con Wendy Cope.
Era l’anno scolastico 1993-94, lavoravo come assistente di italiano in una scuola inglese e le due raccolte di versi Making Cocoa for Kingsley Amis (1986) e Serious Concerns (1992) erano già state pubblicate da tempo. Wendy Cope era già un nome conosciuto lassù, una sorta di fenomeno letterario, perché – cosa rarissima per la poesia - i suoi libri avevano venduto parecchio e incontravano i gusti del pubblico, anche e soprattutto di quel pubblico che solitamente la poesia la ignora o la snobba.
La mia amica Judith le aveva entrambe e, conoscendo la mia passione per la lettura e il mio debole per la poesia, una sera me le prestò. Fu un colpo di fulmine a prima vista, già dalla copertina: perché da Faber& Faber - un nome che per l’editoria poetica inglese è garanzia di qualità e prestigio – ti aspetteresti qualcosa di serio e importante… non due libercoli smilzi smilzi, con dei buffi disegni in copertina: una ragazzina che beve una tazza di cacao nel primo, un orsacchiotto di peluche che legge le “Note per una definizione della cultura” di T.S. Eliot nel secondo.
A ben pensarci, Wendy Cope era già tutta lì: il sorriso ironico, la leggerezza pensosa, il non prendersi troppo sul serio senza però mai cadere nella trappola della superficialità e della risata facile. Le sue poesie - come scoprii subito dopo, divorandole – sono così: piene di ironia, di humour, di quello sfuggente “understatement” tipicamente British che sembra ammiccare al lettore per dirgli “avvicinati senza timore, prenditi queste sciocchezze versificate e fatti due risate”, e intanto – dopo averlo catturato – strizza l’occhio vittorioso… perché in realtà, se non capisci quanta dignità e quanto amore per le parole si celino dietro quell’apparente maschera da stolto, lo sciocco sei tu.
Il mio soggiorno a Londra è durato solo un anno. Ma quella generosa e ancora carissima amica, al momento di ripartire, mi regalò quei due libercoli per accompagnarmi nel ritorno a casa. Un segno del destino, chissà… e così, tornata in Italia, mi misi a tradurre quelle poesie per puro piacere e divertimento, per passione e per sfida con me stessa, nel tentativo di riprodurne le forme metrico-rimiche chiuse e quel tono semiserio che così tanto mi aveva colpito. Poi, sempre per pura sfida contro il caso, spedìi quelle traduzioni a Nicola Crocetti, direttore della prestigiosa rivista POESIA e fondatore dell’omonima casa editrice... e fu lui ad aggiungere il “lieto fine” a questa già improbabile e avvincente storia di amore poetico ed editoria.
Era il marzo 1997, e Wendy Cope appariva sorridente sulla copertina della rivista, mentre un mio articolo accompagnava le sue poesie (originali e traduzioni) all’interno. Una bella sorpresa per me, insperata e assolutamente imprevedibile. E una grande soddisfazione, non c’è che dire. Dal colpo di fulmine al colpo di fortuna, passando per i suoi molti colpi di genio. Poesia “vana” batte poesia “seria” uno a zero. O viceversa?


giovedì 4 marzo 2010

Sono una donna forte sì, ma.....

Ancora Vivian Lamarque:

Lettera dal balcone 
 
Ti scrivo dal balcone
dove resto ancora un poco questa sera
a guardare l'orto al sole di settembre
a mangiare pane e olio e foglie piccole
di basilico
ti scrivo meno fiera di quello che vorresti
sono una donna forte sì
ma con anche continue tentazioni di non esserlo
di lasciarmi sciogliere d'amore al sole
e carezzarti e baciarti un po' di più di quello che tu vuoi
ti scrivo dal balcone
guardando il fico pieno di frutti
e il pero con le foglie malate
ho qualche pensiero triste
e due o tre sereni.