sabato 14 maggio 2011

Il conformismo e il consumismo

"Al potere, come ci ricorda Nietzsche, interessa una società conformista, più facile da governare di una società  che, per effetto della cultura, pensa, e spesso è critica. La storia del Novecento, con i suoi fascismi, nazismi e comunismi, ha offerto truci e tragici esempi di società conformiste perché conformate col terrore. Società che poi sono crollate perché alcuni individui che le componevano intravidero anche altre forme di vita possibili, rispetto a quella dai regimi imposta, da conquistare anche al prezzo della vita. 
Oggi il conformismo non ha bisogno di quei mezzi truci e violenti per imporsi. Perché altre figure come l’egemonia della tecnica e l’egemonia del mercato impongono regole che non possono essere trasgredite, pena l’emarginazione economica quando non addirittura sociale. Questo conformismo, che neppure ha bisogno della violenza per imporsi, prende il nobile nome di “sano realismo”, per cui è “realistico” accettare senza esitazione qualsiasi lavoro precario, anche di breve durata, perché questo è quanto offre il mercato, divenuto il generatore simbolico di tutti i valori (non solo economici).
Sorge a questo punto la domanda [...]: "Ma i fini dell'economia sono anche i nostri fini?" . Evidentemente no, ma dopo che da decenni il mondo dei media che vive di pubblicità e quindi di prodotti da consumare, ci ha per suaso che non si dà altra economia che non sia quella della produzione e del consumo, dove al limite bisogna produrre non solo i beni ma anche i bisogni, se di beni siamo ormai saturi, che spazio resta a chi non vuole conformarsi a questa legge che, avendoci così persuaso, ci ha reso suoi alleati e quindi docili all'adattamento e al conformismo da essa previsto?"
Umberto Galimberti

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