"....tu non capisci che... nessuno capisce che quando una donna fa la scelta di sposarsi e avere dei figli, in un certo senso la sua vita comincia, ma, in un altro senso, si ferma. Ti costruisci una vita di piccole cose, e ti fermi, e resti, resti lì, solida, perché i tuoi figli possano andarsene... e quando se ne vanno si portano via la tua vita fatta di piccole cose e a quel punto dovresti ricominciare a vivere, ma... ma non ti ricordi nemmeno più come si fa, perché è tanto tempo che nessuno ti chiede più niente, inclusa te stessa..."
Francesca (Meryl Streep) a Richard (Clint Eastwood)
In questi giorni ho (ri)visto I ponti di Madison County e mi sono (ri)commossa mentre (ri)guardavo la storia d''amore tra Richard e Francesca e alla fine mi sono chiesta se io, al posto di Francesca, avrei rinunciato come lei a mollare tutto, marito, figli, fattoria isolata, e a seguire Richard, ovvero amore, avventura, vita nuova. Non sono riuscita a darmi una risposta, ma l'interrogativo ha scatenato una moltitudine di riflessioni.
Mi è tornato in mente una lettura di qualche tempo fa, il libro di Iaia Caputo Di cosa parlano le donne quando parlano d'amore, che, appunto, mediante esempi letterari e cinematografici sostiene la tesi di fondo che per le donne il grande amore fornisce un pretesto per evadere dalla vita ristretta e limitata che le regole sociale hanno loro imposto. E quanto è giusto rinunciare ad una parte di sé?