giovedì 31 marzo 2011

La poesia per iniziare il mese più crudele

Anche se l'allusione è scontata, la voglio comunque postare, perché è una poesia che ha accompagnato la mia vita e mi è sempre piaciuta molto:



T.S. Eliot

La terra desolata

Thomas Stearns Eliot

I. La sepoltura dei morti

Aprile è il più crudele dei mesi, genera
Lillà da terra morta, confondendo
Memoria e desiderio, risvegliando
Le radici sopite con la pioggia della primavera.
L'inverno ci mantenne al caldo, ottuse
Con immemore neve la terra, nutrì
Con secchi tuberi una vita misera.
L'estate ci sorprese, giungendo sullo Starnbergersee
Con uno scroscio di pioggia: noi ci fermammo sotto il colonnato,
E proseguimmo alla luce del sole, nel Hofgarten,
E bevemmo caffè, e parlammo un'ora intera.
Bin gar keine Russin, stamm' aus Litauen, echt deutsch.
E quando eravamo bambini stavamo presso l'arciduca,
Mio cugino, che mi condusse in slitta,
E ne fui spaventata. Mi disse, Marie,
Marie, tieniti forte. E ci lanciammo giù.
Fra le montagne, là ci si sente liberi.
Per la gran parte della notte leggo, d'inverno vado nel sud.
Quali sono le radici che s'afferrano, quali i rami che crescono
Da queste macerie di pietra? Figlio dell'uomo,
Tu non puoi dire, né immaginare, perché conosci soltanto
Un cumulo d'immagini infrante, dove batte il sole,
E l'albero morto non dà riparo, nessun conforto lo stridere del grillo,
L'arida pietra nessun suono d'acque.
C'è solo ombra sotto questa roccia rossa,
(Venite all'ombra di questa roccia rossa),
E io vi mostrerò qualcosa di diverso
Dall'ombra vostra che al mattino vi segue a lunghi passi, o dall'ombra
Vostra che a sera incontro a voi si leva;
In una manciata di polvere vi mostrerò la paura.

giovedì 24 marzo 2011

Poesie contro la guerra

Parafrasando il poeta: "sventurato il blog che ha bisogno di poesia civile":




Bertolt Brecht

La guerra che verrà

Non è la prima. Prima
ci sono state altre guerre.
Alla fine dell'ultima
c'erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente
faceva la fame. Fra i vincitori
faceva la fame la povera gente egualmente.
 .-.-.-.-.-.-.-.-.-

Generale, il tuo carro armato

Generale, il tuo carro armato è una macchina potente

spiana un bosco e sfracella cento uomini.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un carrista.

Generale, il tuo bombardiere è potente.
Vola più rapido d'una tempesta e porta più di un elefante.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un meccanico.

Generale, l'uomo fa di tutto.
Può volare e può uccidere.
Ma ha un difetto:
può pensare.


.-.-.-.-.-.

Amare il mondo

Ci impegniamo, noi e non gli altri,
unicamente noi e non gli altri,
né chi sta in alto, né che sta in basso,
né chi crede, né chi non crede.
Ci impegniamo:
senza pretendere che gli altri si impegnino per noi,
senza giudicare chi non si impegna,
senza accusare chi non si impegna,
senza condannare chi non si impegna,
senza cercare perché non si impegna.
Se qualche cosa sentiamo di "potere"
e lo vogliamo fermamente
è su di noi, soltanto su di noi.
Il mondo si muove se noi ci muoviamo,
si muta se noi ci facciamo nuovi,
ma imbarbarisce
se scateniamo la belva che c'è in ognuno di noi.
Ci impegniamo:
per trovare un senso alla vita,
a questa vita
una ragione
che non sia una delle tante ragioni
che bene conosciamo
e che non ci prendono il cuore.
Ci impegniamo non per riordinare il mondo,
non per rifarlo, ma per amarlo.

domenica 20 marzo 2011

La poesia di una domenica dolente

Gioconda Belli

Nella dolente solitudine della domenica

Sono qui,
nuda,
sulle lenzuola solitarie
di questo letto in cui ti desidero.

Guardo il mio corpo, 
liscio e rosato nello specchio,
il mio corpo
che è stato avido territorio dei tuoi baci,
questo corpo pieno di ricordo
della tua incontenibile passione
sul quale hai combattuto sudate battaglie
nelle lunghe notti di gemiti e di risa
e di sudori dalle mie cavità profonde.

Guardo i miei seni
che sistemavi sorridendo
nel palmo della tua mano,
che stringevi come uccellini nelle tue gabbie di cinque sbarre,
mentre un fiore mi si accendeva
e arrestava la sua dura corolla
contro la tua dolce carne.

Guardo le mie gambe,
lunghe e lente conoscitrici delle tue carezze,
che ruotavano rapide e nervose sui loro cardini
per aprirti il psentiero della perdizione
proprio verso il mio centro
verso la dolce vegetazione del campo
dove hai ordito taciti combattimenti
coronati dal piacere,
annunciati da raffiche di fucile
e da arcaici tuoni.

Mi guardo e mi vedo,
è lo specchio di te che si tende dolente
su questa solitudine domenicale,
uno specchio rosato,
un calco vuoto che cerca l'altro suo emisfero.

Piove a dirotto sul mio volto
e penso soltanto al tuo amore lontano
mentre difendo 
con tutte le mie forze,
la speranza.


traduzione italiana di Margherita D'Amico

giovedì 17 marzo 2011

Un'altra poesia di rivolta

Maya Angelou 

Ancora  mi solleverò 

Tu puoi scrivere di me nella storia,
con le tue bugie amare e contorte.
Puoi calpestarmi nel fango
ma io, come la polvere, mi sollevero'.

La mia impertinenza ti irrita?
Perche' sei così cupo?
Perche' io cammino come se avessi pozzi di petrolio
che sgorgano nel mio salotto.

Proprio come le lune e come i soli,
con la certezza delle maree,
proprio come speranze liberate,
di nuovo io mi sollevero'.

Volevi vedermi spezzata?
Con la testa china e gli occhi bassi?
Le spalle cadenti come lacrime.
Indebolita dalle grida dell'anima.

La mia superbia ti offende?
Non prenderla a male.
Perche' io rido come se avessi miniere d'oro
Nel mio cortile.

Puoi spararmi con le parole.
Puoi ferirmi con gli occhi.
Puoi uccidermi con l' odio,
ma io, come l'aria, mi solleverò.

La mia sensualità ti disturba?
E' una sorpresa
ch'io danzi come se avessi diamanti
all'incrocio delle cosce?

Fuori dalle capanne dell'ignominia della storia,
mi sollevo.
In alto, da un passato radicato nel dolore,
mi sollevo.
Sono un oceano nero, immenso nel balzo,
scrosciando e ingrossando, do' frutti nella marea.
Lasciando alle spalle notti di terrore e angoscia,
mi sollevo.
In un'alba meravigliosamente chiara,
mi sollevo.
Portando i doni che i miei antenati mi diedero,
Io sono il sogno e la speranza dello schiavo.

Mi sollevo.
Mi sollevo.
Mi sollevo
.



Still I Rise

You may write me down in history
With your bitter, twisted lies,
You may trod me in the very dirt
But still, like dust, I'll rise.

Does my sassiness upset you?
Why are you beset with gloom?
'Cause I walk like I've got oil wells
Pumping in my living room.

Just like moons and like suns,
With the certainty of tides,
Just like hopes springing high,
Still I'll rise.

Did you want to see me broken?
Bowed head and lowered eyes?
Shoulders falling down like teardrops.
Weakened by my soulful cries.

Does my haughtiness offend you?
Don't you take it awful hard
'Cause I laugh like I've got gold mines
Diggin' in my own back yard.

You may shoot me with your words,
You may cut me with your eyes,
You may kill me with your hatefulness,
But still, like air, I'll rise.

Does my sexiness upset you?
Does it come as a surprise
That I dance like I've got diamonds
At the meeting of my thighs?

Out of the huts of history's shame
I rise
Up from a past that's rooted in pain
I rise
I'm a black ocean, leaping and wide,
Welling and swelling I bear in the tide.
Leaving behind nights of terror and fear
I rise
Into a daybreak that's wondrously clear
I rise
Bringing the gifts that my ancestors gave,
I am the dream and the hope of the slave.
I rise
I rise
I rise.

mercoledì 16 marzo 2011

Io non ci sto

alla dittatura mediatica dell’avvenenza,
che mi fa esistere solo se bella o appetibile,
barattando il mio pensiero in nome di una magra
visibilità.

ad essere solo corpo.
Da guardare,
da toccare,
da giudicare,
da mercificare.

poiché conosco
cosa genera l’offerta della mia carne
sugli sguardi inconsapevoli.

e pretendo rispetto
e che si dia spazio a tutte le mie
diversità.

La mia rivoluzione comincia con il rifiuto
dell’immaginario imposto
per mutare nel respiro di una nuova dignità.

G.V.


I SAY NO  (English Version)
          
I say no
to mass-media tyranny of attractiveness
where I only exist if I am pretty or toothsome
trading in my brain for a meagre
visibility.

I say no
to being a mere body.
To be watched
touched
judged
traded.

I say no
since I know
how this pledding of my flesh
moulds unwitting eyes.

I say no
and I demand respect
and that room be made for all my diversity
My revolution start from my rejection
of the image thrust upon us
to turn into a breathing of a newfound dignity. 
 
 

lunedì 7 marzo 2011

Dedicata alle mie figlie

Gioconda Belli

A Melissa, mia figlia

Ti amo con i capelli
gli occhi, le braccia e le gambe.

Tutto quel che io sono
ti ama e ti conosce.

Il mio amore è un'anfora
che, colma d'acqua, non si rovescia mai.

Il mio amore mi rende universale e planetaria,
mi accomuna agli animali e alle piante,
mi rende enorme, incontenibile, immensa,
canta nel mio corpo,
trabocca di tenerezza,
ti fa nascere un'altra volta
con un parto senza fine,
quando dormi
contenta e stretta
a me.

Traduzione di Margherita D'Amico

domenica 6 marzo 2011

La poesia della domenica con tanta voglia di mare

Gioconda Belli
 
Castelli di sabbia
 
Perché non mi hai detto che stavi costruendo
Quel castello di sabbia?
 
Sarebbe stato così bello
Potervi entrare attraverso la piccola porta,
percorrere i suoi salati corridoi,
attenderti nelle stanze di conchiglie,
parlandoti dal balcone
con la bocca piena di spuma bianca e trasparente
come le mie parole, 
quelle parole lievi che ti dico,
che non pesano più 
dell’aria tra i miei denti.
 
E' così bello il mare.
 
Sarebbe stato così bello il mare
dal nostro castello di sabbia,
che lambisce il tempo
con la tenerezza
intima e profonda dell’acqua,
fantasticando sulle storie che ci raccontavano
quando, bambini, assorbivamo
la Natura a pori aperti.
 
Ora l’acqua si è portata via il tuo castello di sabbia
nell’alta marea,
si è portata via le torri,
i fossati, 
la porticina da cui eravamo passati
nella bassa marea,
quando la realtà è lontana
e ci sono castelli di sabbia
sulla spiaggia...



Traduzione di Margherita D'Amico